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Come costruire il vessillo romano

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Nella cultura militare romana, è presente uno svariato numero di insegne che avevano valenza di prestigio, riconoscimento, referenzialità e spesso anche significati magico-religiosi.
Negli ultimi anni è stato scritto riguardo a possibili impieghi tattici, ma, in assenza di prove, le considerazioni offerte non ci sembrano convincenti a tal punto da rendere probabile una loro funzione in questo senso. Tuttavia si registra che recentemente il cinema abbia fatto sue tali ipotesi contribuendo a diffondere l'idea1 che è anche riscontrabile su Wikipedia insieme ad una serie di notizie purtroppo ancora una volta tutte da verificare.
Come è ampiamente noto, l'insegna che sommava tutti i significati sopracitati era senza alcun dubbio l'aquila. Sempre presente in battaglia come a volgere uno sguardo di protezione dall'alto, la sua perdita o cattura da parte del nemico era ritenuta una delle più grandi sciagure e dava luogo allo scioglimento di una legione se non addirittura a punizioni e condanne a morte di soldati e ufficiali.
Il vessillo era una delle tante possibili insegne in uso tra i militari romani, e di gran lunga l'insegna preferita dai rievocatori storici per la sua facilità di costruzione, di cui però poco si conosce riguardo alle sue funzioni e al ruolo che poteva assumere anche in rapporto alle altre insegne "pesanti" ovvero metalliche. Una delle poche ipotesi possibili si riferisce alle numerose notizie sulle cosiddette "vessillazioni" (vexillatio), facendo ritenere questo drappo, antenato della bandiera, come un tipo di insegna minore che poteva essere attribuito a reparti costituiti alla bisogna per missioni o distaccamenti particolari che raggruppavano ad esempio più centurie o coorti fra di loro2 3.
È stato ipotizzato anche che il vessillo potesse essere designato a rappresentanza delle coorti in età imperiale, ma l'ipotesi non poggia su alcuna testimonianza diretta.

Evidenze materiali

Poco di più si può dedurre su dimensioni e aspetto dalle molte raffigurazioni scultoree, ma su colore, tessuto e foggia abbbiamo solo un paio di testimonianze.
La prima, certamente la più celebre e completa, è il vessillo quasi intatto rinvenuto in Egitto e oggi conservato al Museo Pushkin di Mosca, rappresenta una Dea della Vittoria (Nike) su sfondo rosso. Di dimensioni di 47 cm in altezza e 50 in larghezza, il tessuto è lino e il disegno è dipinto sopra il tessuto. Da notare l'interessante immagine del mondo sferoidale sotto i piedi della figura umana. All'interno dell'orlo nella parte superiore pare si trovi ancora oggi la canna di sostegno. Le note riportano anche un importante dettaglio: nalla parte inferiore vi è traccia delle frange, in gran parte perdute, come continue dell'ordito e non, come in uso in epoca moderna, derivanti dall'applicazione di passamanerie.


Fig.1 - Il vessillo trovato in Egitto con la raffigurazione della Nike. Si notano in basso alcune tracce delle frange chiaramente prosecuzioni dell'ordito, probabilmente anche colorate di giallo.



L'unico altro rinvenimento di vessillo noto è quello rinvenuto sul Palatino e ipotizzato come "insegna imperiale dell'imperatore Massenzio". Il reperto è giunto fino a noi arrotolato e in pessime condizioni, ma due elementi riscontrati sono significativi: il primo è che il tessuto era una seta forse frammisto a lino4 e qualche traccia di pigmentazione rossa sembrerebbe essere stata individuata5.
Le raffigurazioni "a colori" sono altrettanto rare e spesso indecifrabili, solo in un caso è nettamente distinguibile un vessillo e si tratta di un celebre affresco su uno dei muri della sinagoga di Dura Europos in Siria. L'affresco è interessante per svariati motivi, ma rimanendo sul solo vessillo possiamo notare che ancora una volta è il rosso il colore che fa da sfondo. Il bordo è arricchito da una spessa cornice giallo-oro che si differenzia da quello rinvenuto in Egitto che ha solo i quattro angoli con le caratteristiche "L" color giallo. Importantissima è la presenza di frange ugualmente rosse sul bordo inferiore appena sotto la cornice. Si può facilmente concludere che le frange derivino direttamente dall'ordito del tessuto tinto di rosso. Inoltre è anche intuibile l'aggancio all'asta con un singolo laccio su due punti distinti della stecca orizzontale di tensionatura, come anche evidente da molteplici esempi della statuaria.

Per rimanere sui colori esiste un altro esempio risalente al V sec. d.C.: un codice miniato custodito nella Cattedrale di Rossano Calabro che mostra un episodio del Vangelo che coinvolge molto probabilmente un'autorità romana. La cosa certamente più degna di nota è che lo sfondo per una volta è nel classico "blu egizio". Il grosso bordo dorato è del tutto identico a quello di Dura Europos, mentre inedito è il disegno centrale nel quale sembrano distinguersi figure umane.


Figg.2-3 - Sinistra: Il vessillo raffigurato sull'affresco oggi conservato al Museo della Yale University (USA). Si notano chiaramente distinte le frange del medesimo colore del tessuto. A destra: i due vessilli a sfondo azzurro del Codex di Rossano Calabro.

Le nostre scelte

Il vecchio vessillo in uso dal 2004 aveva numerosi problemi che abbiamo purtroppo tardato a sistemare per la solita inerzia che conviene ad un gruppo di rievocazione dove vi sono sempre maggiori urgenze che rifare il vessillo.
I problemi già cominciavano dal disegno che aveva un aspetto troppo moderno con l'usuale errata "aggressività" dei disegni della nostra epoca. Anche la frangia di passamaneria moderna era un fattore critico non riscontrandosi in archeologia anche se del resto è un elemento presente nella quasi totalità dei vessilli ricostruiti dai rievocatori, per cui dando poco nell'occhio non siamo stati spronati a cambiare.


Fig.4 - Il vecchio vessillo in uso dal 2004 al 2018 nella Cohors III Praetoria (Associazione Culturale Cisalpina) con le due cravatte in cuoio borchiato. Oggi custodito presso una collezione privata.

Con così poche testimonianze, tra l'altro anche molto distanti nel tempo, non è stato possibile ricavare delle regole certe per una ricostruzione per cui ci siamo concessi una limitatissima licenza rispetto ai ritrovamenti.

Il materiale tessile
Il materiale tessile scelto è il lino come dall'esempio del vessillo egiziano.

Lo sfondo
Il colore scelto per lo sfondo è il solito "blu egizio" (oggi detto azzurro e simile al "blu royal") per motivi di aderenza alle scelte cromatiche fatte per la Cohors III Praetoria6, peraltro in buona misura giustificate dall'affresco di Rossano Calabro che tuttavia non riporta un episodio di vita militare. Uguale scelta peraltro fatta nel corso degli anni anche da un buon numero di rievocatori pretoriani nel mondo anche se con giustificazioni certamente diverse dalle nostre o forse per semplice imitazione.

La frangia
Uno dei grossi cambiamenti è stata la rimozione della passamaneria dorata, probabilmente non filologica, con delle frange realizzate a mano a partire dall'ordito in eccesso del tessuto di lino. La scelta è stata facilitata dall'osservazione del vessillo di Dura Europos.

Il gancio
In attesa di installare una lancia idonea e maggiormente filologica per sostenere il vessillo, abbiamo optato per una semplice soluzione a gancio dove si innesta un laccio in tessuto che parte da due diversi punti sulla stecca di tensionatura. La soluzione è anche in questo caso mutuata dall'affresco di Dura che mostra chiaramente un aggancio su due punti.


Fig.5 - Particolare dell'aggancio all'asta.

La scelta della figura e della scritta
Sul tema abbiamo confermato il dibattito già concluso nel 2004. L'unico esempio materiale ritrovato riporta un disegno di un soggetto, e tale caratteristica è confermata da numerose altre raffigurazioni, per lo più scultoree. All'immagine abbiamo quindi associato una scritta sebbene l'utilizzo di scritte sia molto meno attestato probabilmente perchè queste venivano dipinte sulle sculture e quindi perdute nel tempo.
L'acronimo "COH III PR" è ampiamente attestato dalle fonti come identificativo della Cohors Tertia Praetoria (fig. 10) e il tipo di carattere è in buona misura imitato da esempi scultorei.

La scelta del soggetto della figura
La decisione sul disegno dello scorpione è stata preceduta da una discussione durata molti anni. Per rappresentare parte del dibattito occorre però inquadrare qualche elemento utile riguardante i canoni estetici e artistici in voga nei tempi antichi e non riferibili in via esclusiva alla cultura romana.

L'archeologia ci ha riportato innumerevoli esempi di raffigurazioni di animali "temibili" la quale loro rappresentazione artistica aveva principalmente motivazioni simboliche prima ancora che mirasse a suscitare emozioni, che erano probabilmente conseguenza dei primi. In altre parole non era il disegno in se a suscitare emozioni, quali la paura, ma era il soggetto richiamato dal simbolo a valere per suscitare sentimenti i più vari.
Da questo se ne deriva allora che la forma poteva non essere perfettamente aderente alla realtà e in alcuni casi discostarsene volutamente in maniera decisa. Per fare un esempio molto chiaro la rappresentazione dei leoni nelle culture del mediterraneo appaiono ai nostri occhi quasi come dei peluche per bambini non avendo alcuno degli elementi di aggressività, di iperrealismo o stilizzazione tipici di oggi. Sarebbe un tema molto interessante da un punto di vista sociologico, ma andremmo decisamente fuori tema in questo articolo. A sottolineare l'impronta volutamente irreale e simbolica è anche il colore che sebbene oggi sia perduto in molti casi è stato possibile scoprire quale fosse in origine e in più di un caso si sono ritrovati leoni in tutto o in parte colorati di azzurro come in uno degli esempi greci qui riportati.


Figg.6-9 - Da Sinistra: esempi di leoni poco realistici di epoca greca e romana. Nella seconda immagine sono stati recuperati i colori originali con dei sorprendenti colori immaginari a sottolineare la volontà precisa di non andare verso un certo grado di corrispondenza al vero.


Figg.10-13 - Esempi di raffigurazioni grafiche moderne in forte contrasto stilistico con gli esempi antichi. Sebbene ci si divida tra estrema stilizzazione o estremo realismo, il denominatore comune sembra riguardare il fatto che debba essere la stessa immagine a suggerire paura, aggressività, forza, dignità, autorevolezza, e non derivare questi valori o sentimenti da un significato simbolico ad esso associato.

Una volta chiarita la linea stilistica sa ricercare è stato poi necessario fare una lunghissima ricerca per recuperare esempi di epoca romana e di conciliare poi anche il desiderio di non distaccarsi eccessivamente dal logo "commerciale" del progetto che è la riproduzione di un autentico scorpione romano recuperato da una incisione originale.
Fermo restando la scelta di mostrare uno scorpione, così abbondantemente attestato su qualsiasi insegna pretoriana, tranne purtroppo i vessilli, e una volta chiarita la linea stilistica, occorreva trovare il giusto incontro tra un disegno filologico, preferibilmente da ritrovamento, il logo "commerciale" del progetto che è la riproduzione di un autentico scorpione romano recuperato da una incisione originale e un'immagine che ai nostri occhi "moderni" potesse apparire più che una raffigurazione "disneyana". Su questa pagina abbiamo riportato un buon numero di vari scorpioni presi in esame.


Figg.14-19 - Da Sinistra: lo scorpione certamente attribuito alla COH III PRAETORIA dalla lapide di Marco Pompeio Aspro; esempio da moneta; affresco; affresco; scultura allegorica; scultura con segno zodiacale.

L'immensa opera di conciliazione di tanti desiderata è stata realizzata dal maestro decoratore Alex Sedici che è riuscito a dare maggiore vita e tridimensionalità ad una forma che appariva all'origine leggermente stilizzata. Uno degli elementi che è stato mantenuto dall'originale, ad esempio è la pessima rappresentazione del pungiglione, che sul vessillo del 2004 era fin troppo perfetto.


Fig.20 - Varie visuali dell'anello con l'immagine. In pasta azzurra l'impronta del sigillo ricavato dall'anello.

Il bordo


Ultima licenza presa dal realizzatore è un interessante decoro aggiuntivo visibile sul bordo dorato. Il tema è stato ripreso dal bordo di uno dei pretoriani del Louvre dove sono presenti dei fiori intervallati da piccole targhette con una grossa "X" da angolo ad angolo facendo intuire fosse il numero romano dieci. Da questa assunzione noi abbiamo sostituito il numero con il "tre" che in numeri romani è rappresentato da tre barre "III".


Fig.21-22 - Da sinistra: il decoro dello scudo del pretoriano del Louvre, a fianco il decoro ricavato con la sostituzione del "numero" 10 con il numero tre romano ("III").

La realizzazione

La realizzazione è stata interamente affidata a Fabrica XVI di Alex Sedici, che ha curato tutti gli aspetti elencati nei paragrafi precedenti.

La base è composta da un sandwich di due strati di lino intervallati da un leggero strato di feltro per dare maggiore consistenza e stabilità.
La decorazione è stata realizzata interamente a mano come pure le frange nella parte inferiore. La realizzazione è stata completata con circa tre settimane di lavoro a tempo pieno.
Il valore del manufatto rappresentato in questa pagina è di circa 700 euro nel 2018.


Fig.21-22 - Da sinistra: alcune fasi della lavorazione sul bordo. Nella seconda immagine il primo tentativo di replica della "X" successivamente sostituida da logo "III". A destra il risultato finale prima di applicare gli accessori esterni.

Note

1 Ad esempio il film "Ben Hur" del 2016.
2 I.De Bohec - L'esercito Romano (2000)
3 F.Gilbert - Prétorien n.43 (2017)
4 C.Pannella (2011) - "I Segni del Potere" La presenza delle due fibre tessili potrebbe derivare da contaminazione reciproca di due diversi tessuti sepolti insieme di cui uno, il lino meno prezioso della seta, potrebbe essere stato un contenitore del più prezioso vessillo in seta.
5 C.Pannella (2011) - "I Segni del Potere" La presenza del ferro, che indica pigmentazione rossa, potrebbe derivare dal processo di mineralizzazione che ha subito il manufatto.
6 Nell'ambito del Progetto n.1 della Associazione Culturale Cisalpina.
Concordemente alle linee guida del progetto si è prestata attenzione a non usare il blu scuro e il nero che non sono accettabili come scelte cromatiche in ambito storico e quindi rievocativo fino al I sec. d.C.