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Come costruire la tunica romana

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Non esiste oggi qualcosa nel vestiario moderno che sia assimilabile alla tunica. La tunica era il minimo comun denominatore per ciascun uomo in epoca antica e poteva assumere i connotati più vari, dalla biancheria intima a un vestito per tutti i giorni o addirittura presentarsi come camicia da notte.
I romani distinguevano i vestiti che potevano essere messi a contatto con il corpo, ovvero quelli "interni" (indictus) da quelli che potevano essere esibiti come la toga (amictus). La tunica fa parte certamente per primo gruppo, nonostante potesse essere indossata a vista.
Importante era un dettaglio: la presenza o meno del cingulum, ovvero di una cintura, sia essa in tessuto, esempio una corda di canapa, sia in pelle o cuoio come nelle cinture moderne. La presenza del cingulum rendeva la tunica dignitosa (pro-cinctus) e quindi portabile al di fuori delle mura domestiche in caso contrario si poteva dare scandalo essendo discinti (dis-cintus).
In ambito militare il balteus assumeva lo stesso significato del cingulum (termine con accezione più civile). Era, infatti, una punizione lieve per un soldato l'essere esposto al turno di guardia senza il balteus.
Le ragioni per cui questa era una punizione sono solamente ipotizzabili.
Osservando che la tunica senza balteus tende a scivolare verso il basso al di sotto del ginocchio possiamo facilmente intuire il motivo della punizione: la tunica lunga era destinata alle donne, per cui una tunica senza balteus dava impressione di femmineo e non di virile.
Sappiamo anche che vestire solamente una semplice tunica, seppure cinta, era indice di basso ceto. I ceti più ricchi indossavano sopra la tunica altri vestiti tra i quali citiamo la toga in uso, per esempio, presso la classe senatoriale.
Al giorno di oggi la versione tardo imperiale di alcuni di questi vestiti, seppur con qualche influenza storicamente dovuta alle origini giudaiche, compongono i paramenti sacri della Chiesa Cattolica che non a caso si chiama "Romana"-Cattolica.

Testimonianze


Esistono pochissime testimonianze archeologiche a causa della natura del materiale tessile, ma esiste una notevole documentazione musiva e pittorica, nonché riferimenti letterari.
Purtroppo tutte le testimonianze che abbiamo parlano di indumenti di tipo civile tranne qualche raro esempio.
Citiamo a titolo di esempio il celebre mosaico di Palestrina (fig. 1) che illustra soldati presumibilmente della Guardia Pretoriana, per via della figura di uno scorpione sugli scudi, che indossano sotto la consueta armatura una tunica di colore bianco. Questa è una delle più chiare testimonianze "a colori"; dell'abbigliamento militare romano.
Per la scarsità di fonti, elementi quali la foggia e il colore della tunica, sono oggetto ancora oggi di dibattiti tra gli studiosi.
Un grande contributo in questo senso è stato portanto da Graham Sumner 1 che ha aggiornato più volte i suoi libri raccogliendo tutte le testimonianze oggi note e facendone un lungo elenco. Da una semplice statistica si è notato come le evidenze in campo militare, si orientino per la maggior parte sui colori rosso e bianco, e secondariamente su altri come il verde e l'azzurro.



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Fig. 1 - Il Mosaico del Nilo di Palestrina


Fig. 2 - Una tunica a "T" con il cingulum (cintura civile)

È da sottolineare, inoltre, che in epoca antica, il colore era costoso, per cui in ambito militare è ipotizzabile che solo alcuni soldati più abbienti potessero servirsene come ad esempio gli ufficiali e gli appartenenti ai corpi speciali come i pretoriani o le coorti urbane.
Anche il bianco, alla pari dei colori, era un prodotto costoso derivato dalla lavorazione con lo zolfo e l'urea, pertanto era appannaggio delle persone abbienti. Circostanza da ricordare è il fatto che il potere indossare il bianco era indice di prestigio. Ai soldati poteva essere concesso di sfilare in trionfo in Roma in bianco in casi eccezionali e in altri casi il bianco era il colore dei cosiddetti "candidati" con cui in qualche caso si indicavano le guardie pretoriane con i compiti di custodes.

I materiali

Esistono numerose evidenze dei materiali usati. Venivano usati tutti i materiali tessili all'epoca conosciuti: lino e lana sopra tutti, ma anche la dura canapa. Non si hanno evidenze dell'uso della costosa seta ne del cotone, che, sebbene quest'ultimo fosse ben conosciuto già dai greci,e per la sua difficoltà nella filatura, divenne di uso comune solo in epoca industriale. Questi ultimi due materiali vanno evitati nelle ricostruzioni alla pari di qualsiasi fibra acrilica.

La forma classica o rettangolare

La forma più elementare e probabilmente la più classica fino al periodo tardo era quella costituita da un rettangolo che presentava tre buchi: due per le braccia e uno per la testa, facendo attenzione che l'abbondanza della stoffa copra gran parte del braccio, ma non arrivi all'avambraccio, pena la scomodità.
Una tunica siffatta poteva essere impreziosita da un dettaglio, ovvero che fosse confezionata in un pezzo singolo e non con due rettangoli cuciti di stoffa magari anche riutilizzata 2.
Per ottenere la corretta lunghezza, una volta indossata occorre controllare che "senza il balteus" la tunica arrivi ben al di sotto (3-5 cm) del ginocchio. Infatti una volta che verrà cinto il balteus sarà possibile sfilare un po' del tessuto dall'alto per farlo ricadere fino a nascondere la cinta.
In questo modo, si aggiusta la tunica affinché la sua lunghezza arrivi ben al di sopra del ginocchio.
Si otterrà quindi il gradito effetto che qualora ci si debba chinare, la tunica non si alzerà ulteriormente rivelando le parti intime.
In età imperiale la lunghezza sotto il ginocchio determinava se la tunica fosse un indumento femminile o di effeminato o comunque ridicolo 3.


Fig. 3 - La Tunica quadrata indossata senza balteus o cingulum.


Fig. 4 - La Tunica quadrata classica con i clavii di colore porpora.


Fig. 5 - La Tunica classica con i clavii di colore porpora.

Il principale difetto della forma a "T" (paragrafo successivo) è la riduzione della libertà dei movimenti con le gambe. Infatti la tunica risulta stretta ed è impossibile allargare le gambe alla massima estensione. Ciò procura numerosi fastidi durante qualsiasi esercizio fisico, ma soprattutto nel combattimento. Usando la tunica classica il problema è assente, tuttavia può succedere di trovare un lieve impaccio nei lavori di braccia che si trovano circondate da un eccesso di stoffa. Per rimediare a questo inconveniente durante dei lavori manuali, i romani raccoglievano dietro il collo l'abbondanza di stoffa creando una palla di tessuto che fermavano probabilmente con un laccio (fig. 6 a fianco).


Fig. 6 - La palla di tessuto dietro la nuca (non è un codino) che l'artista ha scelto di rappresentare sulla Colonna Traiana. Un dettaglio significativo.


Fig.7 - Esempio di Tunica classica da un mosaico del III sec. d.C. custodito al Museo Prado di Madrid


Fig.8 - Esempio di Tunica classica indossata da un lanista. Mosaico del II-III sec. d.C. presso la Galleria Borghese di Roma.

È da notare come, nelle figure 7 e 8, in epoca tarda la tunica scendesse al di sotto del ginocchio pur essendo cinta. Un chiaro esempio di come la moda barbara stava iniziando a prendere piede.
In entrambe queste immagini è possibile riscontrare dei laticlavii di colore blu, in figura 6 stranamente molto sottili.


La forma a "T"


Oggi riprodurre una tunica a "T" in un unico pezzo partendo da uno scampolo significa inevitabilmente buttare via una enorme quantità di stoffa, che si potrà comunque usare per altri scopi. Altrimenti ci si può arrendere e fare delle maniche aggiunte con una cucitura. La tunica sarà certamente meno preziosa, ma il risultato sostanzialmente uguale.
Si sconsiglia l'uso di questo tipo di forma nell'ambito militare relativamente ai periodi fino al II sec. d.C. compreso. Dopodichè il concetto di tunica decadrà a favore di qualcosa molto più simile ad una lunga camicia dotata di lunge maniche fino ai polsi.

Ovviamente le misure dipendono dalla corporatura di chi la dovrà indossare. Le misure indicate in fig. 9 sono solamente indicative.
È consigliabile tagliare la parte centrale con molta abbondanza, ovvero lasciando il lato corto delle maniche il più corto possibile mantenendo la larghezza totale fino quasi al gomito. Questo permetterà maggiore libertà di movimenti durante le posizioni di combattimento o di corsa. Una "gonna" troppo stretta, infatti, impedirà una totale divaricazione delle gambe che risulterà un ostacolo insormontabile determinando anche delle cadute.


Fig.9 - Le misure illustrate sono quelle consigliate per una statura di 170-185 cm.

Lo spazio della testa è ricavato semplicemente facendo un taglio nella parte superiore.


Fig. 10

Da evidenze di epoca immediatamente post-romana (400-500 d.C.) è consigliabile praticare anche un taglio verticale per un maggiore comfort.


Fig. 11 - Il taglio verticale.

I Clavii



I romani tenevano moltissimo al loro modo di vestire che era spesso ostentazione del proprio status sociale o economico, molto più che oggi.
Uno dei modi per evidenziare la propria ricchezza era quello di usare indumenti colorati, in quanto il colore era certamente costoso. Addirittura il colore porpora era talmente costoso da giungere ai nostri giorni come caratteristico dei soli imperatori o di poche delle più alte cariche istituzionali.

Nel periodo verso la fine della Repubblica, probabilmente per non colorare tutta la tunica, si cominciò a tessere alcune fasce colorate nel tessuto della tunica chiamati clavii o laticlavii. Sono documentati come propri della classe Equites e Senatoriale di età tardo repubblicana e imperiale. Sul finire del I sec. si evince dall'iconografia che il loro utilizzo diventa appannaggio di qualsiasi status sociale includendo addirittura gli schiavi.

Questo fu possibile grazie alla scoperta di coloranti simili molto economici.
In ambito militare si suppone che i pretoriani della Guardia Imperiale fossero stati i primi a vestirli a partire dal I sec. probabilmente per imitare l'aspetto di un ceto maggiore 4.
Le ragioni sono da ricercarsi certamente nel prestigio e nel superiore salario che permetteva loro di provvedere al reperimento delle cose più costose del tempo. Questo è un elemento che, alla pari di altri, forse più clamorosi, dimostra come l'ambizione del soldato non fosse relativo alla sola vita militare, ma traesse ispirazione dai miti della vita civile romana.
Si hanno evidenze esplicite del loro uso in ambito militare da un affresco di Dura Europos (Siria - IV sec.) e da un brano letterario 5.
Esistono evidenze dell'uso di clavii che variano da un colore nero-blu, in varie tonalità di viola, fino ad arrivare al rosso. Tutte tonalità che si possono ottenere dalle diverse ossidazioni della porpora.


Fig.12 - Tunica a "T" e Clavii portati da uno schiavo. Mosaico del I sec. d.C. a Pompei.


Fig.13 - Il musicante (prima a sinistra) mostra i Clavii. Mosaico del III sec. d.C. a Piazza Armerina.


Fig.14 - Uno schiavo con Clavii assiste i padroni a cavallo nella caccia. Mosaico del II sec. d.C. nei pressi di Tunisi

Note


(1) Roman Military Clothing vol.1 (2002) - Graham Sumner ed. Osprey
Roman Militay Dress ) - Graham Sumner (2009) ed. History Press
(2) Vangelo di Giovanni (19,23-24)
(3) Virgilio - Eneide IX, 615.
(4) Parlando della Guardia Pretoriana occorre tenere presente che molti ufficiali e sottoufficiali erano effettivamente provenienti dalle famiglie di Roma di rango superiore.
(5) SHA, Claudius, XVII, 6.